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“Da un incrocio della circonvallazione, sul lato orientale, a Lecce si diparte la cosiddetta via del mare, che, per una decina di chilometri, vede sfilare ai suoi lati le palazzine di quartieri popolari, lo stadio di calcio, ville e villette, prima di approdare agli stabilimenti balneari della spiaggia di San Cataldo. Proprio nelle vicinanze dello stadio di calcio, che si chiama, appunto, di via del mare, fra stradine che là si intrecciano l’un l’altra…”
“Da
Sonia” si trova a Lecce in una zona tranquilla ed elegante, poco distante sia
dal centro storico, sia dal centro moderno, da dove due strade, lunghe e
strette, fatte di villette, con giardini, sui cui cancelli piante rampicanti e
gelsomini profumano l’aria, portano verso la circonvallazione. Un ripiano
coperto di legno accoglie sul marciapiede i tavolini di plastica sotto il dehor.
Alla luce degli ultimi raggi del sole oramai quasi del tutto declinato, una
Twingo gialla, sperluccicante, accostò dolcemente dall’altro lato della strada.
Due uomini si guardarono in faccia.
-E’
ancora presto..!- disse uno, gonfiando le gote rubiconde, nel sistemarsi
le stanghette di metallo degli occhiali.
-Me ne sono accorto..!- gli rispose l’altro sbuffando.
Seguì un fitto e
convulso scambio di battute e di accuse, sulla opportunità dell’appuntamento e
sulla responsabilità del disguido. Poi, una serie di telefonate dai loro
cellulari.
Il conducente, rimanendo seduto al posto di guida, chiamò Sonia, “Siamo
già qui...Ti stiamo aspettando...”; Thelma, “Cosa
fate ‘stasera? Domani usciamo in barca?; Sandro, “La
Thelma dice che ‘stasera tanto per cambiare rimane in albergo con la Louise…Lascia
perdere la Monica e la Tonica, hai visto che non c’è niente da fare, una ha
fatto voto di castità e l’altra deve avere dei problemi...Problemi seri...Meglio
un pokerino...Siamo già io, tu e Ginetto...Vedi se recuperi l’Antonio...Come, è
impegnato?!?”.
Il passeggero, sceso dall’auto e sistematosi fuori, appoggiato, con le spalle
rivolte allo sportello, chiamò Loredana, “Potremmo
vederci dopo...No, non penso proprio, non faremo tardi qui...Ma, te l’ho detto,
dobbiamo parlare con una...Dai, dopo...Almeno passo dall’albergo...Giusto per
salutarti...Se no, non ci vediamo proprio, oggi...Sì, un giorno, è solamente uno
stupido giorno senza di te...Ci sentiamo dopo...”.
-“J just call to say j love you”- intonò l’ uomo seduto al posto di guida, con la migliore delle sue facce di bronzo, sporgendo la testa dal finestrino, nei confronti dell’altro, che aveva chiuso il cellulare e gli si era portato di fronte. Continuò imperterrito a cantare le strofe seguenti, anzi, con gusto maggiore, aumentando il tono e riproducendo pure la musica di accompagnamento, nonostante le frasi che gli venivano rivolte: “E piantala! Quando..?Quando la finisci, sto dicendo!?! Mamma che sopportazione! Vedi piuttosto se riesci almeno a muoverti...Andiamo almeno a bere qualcosa, mentre aspettiamo quel concentrato di virtù esemplari che é la tua amica...Ce la fai a sopportare tutto quel lordume che ti porti appresso, o devo chiamare il carro attrezzi?”.
Sonia arrivò quando già quasi tutti I tavoli della pizzeria si erano occupati.
Scese dalla Mercedes nera metallizzata condotta dal suo uomo, che salutò affettuosamente, baciandolo sulle labbra e accarezzandogli i capelli completamente bianchi e aspettò che ripartisse, salutandolo con la mano, mentre si allontanava. Aveva i capelli biondi ancora bagnati sulle spalle, una camicetta bianca a fiori multicolori, che le lasciava scoperto l’ombelico, una minigonna elasticizzata nera e le scarpe dello stesso colore dal tacco alto e grosso.
Entrata, salutò e si
sedette, ignorando la compunta e puntuale ironia con cui fu accolta, “Come
mai già qui..? Non eravamo ancora preparati...”.
La birra era fresca, la
pizza saporita.
Un veloce riepilogo
delle condizioni, I primi, necessari, approfondimenti, le intese prima abbozzate
e poi presto, facilmente, raggiunte in linea di massima, più varie ed eventuali.
Tutto sembrava essere andato per il meglio.
Ma non era ancora finita.
Sonia spiegò che il sigillo all’operazione doveva essere apposto dalla Contessa e che pertanto bisognava che andassero seduta stante da lei, già al corrente di tutto e opportunamente preavvisata, come aveva espressamente richiesto; altrimenti sarebbe stato come partire col piede sbagliato, o non partire affatto: un atto necessario, e dovuto con urgenza.
A dire
la verità, la donna non era propriamente nata da una famiglia di alto rango: ma
la chiamavano così.
In realtà, era il prestanome, il referente fisico, oltre che giuridico, del
grande boss dell’Albania. Se, insomma, lei e il suo uomo ne erano le braccia
occulte, la Contessa ne era la faccia apparente. Personaggio interessante,
sintetizzò la ragazza: visto che quella viveva da sole, erano quasi diventate
amiche, negli ultimi tempi, aveva potuto sapere qualcosa di più sul suo conto.
Vedova di un facoltoso nobile, proprietario terriero, che l’aveva conosciuta
quand’ella, giovanissima, era andata a servizio nel palazzo di famiglia e,
innamoratosene in maniera irresistibile, l’aveva voluta sposare a tutti i costi,
sordo a tutte le proteste dei suoi, e da qui l’appellativo nobiliare ereditato
insieme a tutto il resto, la Contessa si occupava di transazioni legali, di
registrazioni notarili, di atti pubblici e privati, di cui, nel corso dei lunghi
anni del matrimonio, era diventata insigne esperta, insieme alla frequentazione
di preziosissime conoscenze.
Quando il silenzio della ragazza pose fine al racconto, le osservazioni impertinenti dell’uno furono subito stroncate dall’asciutto richiamo dell’ altro, “Ormai ci siamo...Tanto vale andarci subito...Muoviamoci!”.
Da un incrocio della
circonvallazione, sul lato orientale, a Lecce si diparte la cosiddetta via del
mare, che, per una decina di chilometri, vede sfilare ai suoi lati le palazzine
di quartieri popolari, lo stadio di calcio, ville e villette, prima di approdare
agli stabilimenti balneari della spiaggia di San Cataldo. Proprio nelle
vicinanze dello stadio di calcio, che si chiama, appunto, di via del mare, fra
stradine che là si intrecciano l’un l’altra, in una grande villa nascosta per
tutta quanta la sua estensione da alte siepi di piante sempreverdi e rampicanti,
abitava la Contessa.
Preavvertita
telefonicamente dalla Twingo dell’arrivo del trio, con Cosimino che guidava,
Sonia che gli dava le indicazioni sul tragitto e Gino che fumava stoicamente
silenzioso, fece trovare il cancello spalancato.
Le offese del tempo non
erano bastate a cancellare una bellezza selvaggia e prorompente. Il volto
incorniciato da un fermacapelli di madreperla, la lunga chioma d’un argento
dorato che scendeva sul seno ancora rigoglioso, denti bianchi, il corpo esaltato
superbamente e sprezzantemente fasciato dal lungo vestito a fiori: tutto
testimoniava dei passati splendori, per quanto inevitabilmente, ma non
tristemente, declinati.
“Si vede proprio che non
è una contessa vera...”, pensò fra di sé,
divertito, Cosimino, vedendola mettere con le mani i cubetti di ghiaccio nei
bicchieri dell’amaro che aveva offerto subito ai suoi ospiti, seduti sulle sedie
di plastica intorno al tavolinetto davanti la piscina.
“Mo’
facciamo notte...”, pensò fra di sé, spazientito,
Gino, sentendola raccontare delle sue attività dei tempi andati.
La luna, ancora corposa, pesante e impressionante, per quanto in fase di declino
avviato, illuminava più della flebile luce dei lampioni del giardino la
conversazione, cui faceva come da suggestiva eco il canto fragoroso delle
cicale.
Esaurite le formalità, i convenevoli e le storie del passato, quando arrivarono al dunque era passato già un bel po’ di tempo, e molto altro ne passò, prima che la Contessa esaurisse tutte le sue domande inerenti l’operazione da varare.
Cosimino rispondeva entusiasta e prodigo di particolari, Gino autorevole e
rassicurante.
“Soffro d’insonnia...”, disse alla fine,
quando fu ampiamente soddisfatta dai chiarimenti avuti “State
ancora un po’...Fatemi compagnia...No, non c’é niente da aggiungere, per
l’affare...Restate qui tanto per non lasciarmi subito sola...Per l’affare, per
me va bene. Lo dirò al capo. Ma se va bene a me, va bene a lui. E’ sempre stato
così, potete stare tranquilli. Potete considerarla cosa fatta. Quando tornerà,
metteremo subito tutto in pratica! Congratulazioni e auguri, allora...Ma non
andatevene adesso...State ancora un po’...Vi posso fare le carte, se volete...”.
Non era il caso di contraddirla.
Rimasero.
Alle precise domande, opportunamente sollecitate, non appena i tarocchi furono
preparati e disposti sul tavolino, le risposte furono positive e anzi
trionfalmente ottimistiche.
Sonia aveva chiesto se avrebbe trovato prima o poi un po’ di pace.
Cosimino, se l’affare in
corso sarebbe andato a buon fine.
Gino non chiese niente.
Fece un gesto di diniego col capo quando la Contesse gli domandò se avesse
qualcosa da chiederle; sorrise, impassibile, nell’ alzare lo sguardo, quasi ad
accettare la sfida, quando allora quella gli preannunciò un’analisi approfondita
del suo carattere e del suo futuro. Mischiando e dispiegando le figure
enigmatiche sul tavolino, la sua voce prese ad echeggiare col contrappunto del
canto delle cicale, nitida, eppure remota, e grondante già di una sinistra
intonazione.
“Sei
un uomo di mondo...Un’artista, in fondo...Hai imparato a fare tante cose, ma
soprattutto hai imparato a vivere. Ti é costato molto, ma ci sei riuscito.
Hai bisogno del tuo equilibrio, che hai conquistato, dopo averlo a lungo
cercato.
Non sopporti la fretta...Le tue cose devi farle a modo tuo, una per volta, col
tempo che ti ci vuole. Ma le porti sempre a compimento. Ti ci vuole tempo,
forse, ma quando ti metti in testa una realizzazione che vuoi proprio per te, ci
riesci...Ci riesci sempre...E sono molte...Sei un sognatore...Un idealista...Hai
bisogno di una fortissima carica ideale per agire, per correre, a modo tuo, ma
comunque per correre, dietro alle tue intensissime attività. Altrimenti non ci
riesci, non ti ci metti proprio.
Non sopporti la banalità, la noia, la superficialità, le cose definite e
scontate. Sei davvero originale. Ma veramente, non come i tanti che lo sono
solamente a parole, o per scelta, in fondo, di opportunità. Credi negli altri,
fortissimamente. Ma cerchi per te soltanto chi ti dica cose interessanti e ti
permetta di fare confronti critici, elaborazioni suggestive e acquisizioni
successive.
Sei disinteressato, altruista, generoso, generosissimo.
Ami tutto quello che è difficile, che è misterioso, che è quasi
impossibile.
Sei triste, sei fondamentalmente triste e solo, anche se ostenti, senza riuscire
a nasconderlo, un’allegria di facciata.
La tua vita é segnata da tre donne. Lo vedo chiaramente, proprio marchiata, da
esse divisa in periodi precisi.
C’è scavato come un solco profondo, profondissimo, da bambino: deve essere tua
madre, morta, evidentemente, quando ancora tu eri ragazzo. L’hai persa e ti è
mancata e ti mancherà per sempre. Ma sappi che da lassù ti vede, ti segue e
pensa per te, cercando di trasmetterti il meglio possibile.
La seconda è tua moglie. Vi siete lasciati. Tu l’hai amata
moltissimo...Ma non c’è stato niente da fare, l’hai capito anche tu adesso...
Non c’è stato mai niente da fare, era inutile lottare allora...Hai dovuto
elaborare il distacco, adesso ci sei appena riuscito. Sia pure in maniera
diversa, anche questa è stata per te una perdita che ti ha segnato in maniera
indelebile.
La terza donna è entrata nella tua vita da pochissimo, ma è
entrata ormai in maniera travolgente. Sei in lei in un dominio misterioso e
incontrollabile. Tu le hai creduto. Ma non è tutto oro quel che riluce,
ricordati. Poi, non lo dimenticare: le mezze verità sono peggio delle bugie.
Ancora, contro le tue energie positive, che tu hai già sviluppato al massimo, ci
sono forze negative, che tramano contro di voi, contro la sua e la tua stessa
volontà. Queste forze vengono dal passato. Vi stanno già seguendo passo passo e
sono così forti, da poter condizionare il futuro. Stai attento. Non ti dico di
tornare indietro, perché ormai non è più possibile. Ti dico soltanto di stare
attento...In ogni caso, stai sempre attentissimo a quello che fai...Poi, non
credere a tutto quello che ti dice...Segui il tuo istinto, non le sue ragioni...Esattamente
questo, ricordati: il tuo istinto, non le sue ragioni. Certo che si sta
scatenando una bella lotta, fra le tue energie positive del futuro e le sue
forze negative del passato, davvero uno scontro terribile, di cui però adesso
non riesco a vedere l’esito. ‘Stanotte non posso vedere più niente...Oltre a
quello che ti ho detto...
Tu fanne tesoro! Anzi, tieni... Questa pietra che porto sempre con me, questa
piccola acquamarina, è dotata di una carica particolare capace di contrastare i
condizionamenti avversi. Te la regalo. Portala sempre con te, ricordati, da
‘stanotte in avanti non la lasciare mai...Mettila nella tasca interna della
giacca, nel taschino della camicia, insomma, vicino al cuore, ricordati, portala
sempre con te...”:
“Sono
tutte stronzate!”. Sonia ruppe il silenzio in auto mentre, dopo essersi
accomiatati, la stavano riaccompagnando a casa. “Pensa
tu se io potrò mai pigliare pace, visto che sto sempre in mezzo a tutti i casini
più incredibili...Magari mi sposo, già..Mi ci vedete con l’abito bianco
sull’altare, col prete e gli invitati e poi io che a casa preparo da mangiare..?”.
“Mica ha detto che ti sposi...Mai parlato di
matrimonio” - le rispose Cosimino “Ha
detto che prenderai pace...Cioè che prima o poi la smetterai coi casini e te ne
potrai stare tranquilla...E a me ‘sta Contessa a dire la verità mi è proprio
piaciuta...”.
“E’ furba...” - continuò subito la
ragazza- “Ed ha fiuto, come si dice? Intuito,
ok?...Capisce immediatamente le persone con cui ha a che fare e pensa a come si
deve comportare lei, a quello che deve dire e che deve fare...Poi fa le carte
per hobby...Quando è sola, cioè quasi sempre...Quando non cura gli affari del
clan dell’Albania. Non ha altro. Che se ne fa delle società? Va bene, sono solo
briciole le sue...Cioè, non conta niente, è il boss e basta che conta...Lei così
si è messa a fare le carte per farsi bella, come si dice? Per darsi un tono, Ok?
Sentirsi importante...Ma con le carte dice soltanto stronzate...”.
“Sarà come dici tu...” - chiuse il
discorso Cosimino - “Ma a me sembra che sia
meglio di una maga vera, ammesso e non concesso che esistano veramente. Poi,
maga o non maga, non vorrei insistere, ‘sta Contessa mi piace proprio...”.
Gino non disse nulla. Si assicurò che la piccola acquamarina fosse rimasta quasi
incastrata ben salda nell’angolo estremo della tasca della camicia.
“Si
ripropone a noi adesso il celeberrimo interrogativo che da sempre accompagna
tutti i grandi rivoluzionari: che fare?” - disse
Cosimino, quando, lasciata Sonia, rimasero nuovamente soli. “Sono
quasi le due...”
- aggiunse rivolto all’amico- “Raggiungiamo
i nostri per il gran finale, o, una volta tanto, ce ne andiamo a dormire presto?”.
“Propenderei
per la seconda ipotesi...” - rispose Gino.
Non parlarono quasi più fino a che, dopo mezz’ora, giunsero a casa. Solamente una volta Gino si chiese a voce alta come mai Loredana non lo avesse chiamato sul telefonino dall’ albergo e come mai fosse adesso con il suo non raggiungibile.
“E come mai? Come mai? L’ avrà spento e se ne sarà andata a dormire...E prima avranno fatto tardi a burraco e si sarà addormentata di colpo....O avrà provato a chiamarti, ma senza prendere la linea e avrà desistito presto, stanca morta com’era...Come mai?!? Come mai?!? “- gli rispose paziente, con una appena appena accennata vena di sopportazione Cosimino, che, prima che scendesse dall’ auto, gli aggiunse: “Non ci pensare...Alla Contessa...Per quello che ci interessa concretamente, è andata bene, anzi, hai visto? Benissimo! Per il nostro affare ormai è fatta, se vogliamo noi, sempre, no, cioè, sempre che vuoi tu...Questo è quanto davvero importa...Tutto il resto, no...Lascia perdere le carte...Ha ragione la Sonia...Sono tutte stronzate...”.
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