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DOVE VAI QUANDO POI RESTI SOLO?

 

“C’è sempre un’autostrada a dividerti, una lunga linea grigia indefinita che mette di fretta, senza possibilità di rimedio alcuno, mille chilometri di distanza geografica…”

 

 

-“Dove vai quando poi resti solo?”- disse Cosimino, visibilmente commosso, abbracciando, non appena lo vide, Gino, che piangeva senza ritegno, sulla spiaggia deserta, seduto sulla sabbia, di fronte al mare, che montava sotto al vento di tramontana, nella notte, ventilata e inquieta. “T’ho cercato da ogni parte...M’hanno detto tutto i nostri...Ma perché al telefonino non volevi parlare e non mi rispondevi, non appena vedevi che ero io? Stavo pensando al peggio, ormai...Poi, ‘stasera t’avevano visto venire verso la spiaggia...lo l’avevo pensato subito...Certo, te ne eri venuto dove ti vedevi con lei...Perché avevi voglia di piangere, povero amico mio...”.

 

-“Tu dove vai a nasconderti quando piangi?” — gli chiese Gino, fra i singhiozzi.
Non rispose. Poi riprese: “
Mo’ basta, però. Saranno tre ore che piangi...Va bene che evidentemente questo è proprio un Ferragosto del cazzo, ma ti sei sfogato, ora basta, ora devi essere lucido! ...Dai...Parliamone...
Vieni, ti accompagno a casa...Forse è meglio se dormo a casa tua, ‘stanotte...Ti faccio compagnia...Ci mettiamo nel giardino, al solito posto...Birra, sigarette e ne parliamo con calma...Vediamo di capire che cosa è successo...Che cosa dobbiamo fare...Affrontiamo gli eventi...E dai..! Se no mo’ mi metto a piangere pure io e poi addio, ci rincoglioniamo tutti e due di brutto e non ci salviamo più...”


 

-E non mi ha telefonato nemmeno una volta, nemmeno uno squillo, un messaggio, che ne so?
-Si vede che non ha potuto...Forse, che non era proprio il caso...Che quello le stava dietro...Che proprio non può...Vai a sapere...Metti che non le sia rimasto in memoria il tuo numero...Metti che si sia cancellato...Che non se lo sia segnato da qualche parte...Che non se lo ricordi...Tutto può essere...
-E perché sul suo risulta sempre irraggiungibile?
-Si vede che l’ha dovuto spegnere...Che quello lo ha preso e lo ha spento..Lo ha rotto...Lo ha buttato via...Tutto può essere...E allora? Ti rintraccerà lei...Magari aspetta che si calmino un po’ le acque, come mi sembra giusto, e poi si fa viva lei...
-Ma non sa niente...Come fa, ammesso e non concesso che voglia farlo? Sulla guida di Milano io non esisto, non ho neppure il telefono a casa, come tu sai...Del Commenda sa solo che lavoro presso un Commenda, a Milano, puoi capire...Non sa l’indirizzo...Cazzo, l’abbiamo scritto sui moduli della contestazione amichevole dell’assicurazione, ma li abbiamo spediti subito, figurati se se li ricorda, se è capace di rintracciarli...Io potrei, ma scrivemmo i dati dell’altro, il coglione, non i suoi...Fra l’altro, un indirizzo di comodo, non quello effettivo...E ammesso pure che fosse la residenza vera, cosa dovrei fare? Andare da quello e chiedergli aiuto? Scusi, mi sa dire dove si trova Loredana? Come faccio a rintracciarla? Non so dove risiede, non so quale comune, non so dove lavora di preciso, anzi, dove lavorava, perché poi si era pure licenziata, prima di venire qui, così mi aveva detto...O qualcosa del genere...So soltanto che è un giornale...Un po’ poco, no?
-Beh, ti giri tutti i giornali, i settimanali, i mensili, tutti i giornali dell’ Emilia Romagna...Pure se si è licenziata, troverai dove lavorava e ti farai dire...
-Sì, come cazzo faccio a girarmi tutti i giornali che esistono in Emilia Romagna?
-Beh, in qualche modo, riuscirai a ritrovarla, Ginetto, vedrai, ce la farai...
-Ma come avrà fatto, il coglione, a trovarla?
-Ci ho pensato...Credo di aver capito...Tu mi hai raccontato che gli aveva mandato una mail… 
-Sì, una mail nel suo ufficio, per dirgli che lo lasciava, fatta spedire dall’albergo...Ma raccomandandosi che fosse una casella di posta anonima…
-Ecco, appunto, si è sputtanata così...
-No, perché mi ricordo che mi disse che l’aveva fatta mandare senza intestazione, raccomandandosi proprio appositamente...

-Ma è stato qui l’errore...Anche se viene tolta l’intestazione della casella che spedisce, si può sempre risalire alla casella da cui la mail è stato inviata, con qualche indagine neanche troppo complicata...A parte il fatto che si può rintracciare una persona, sapendo soltanto il numero del telefonino, basta che lo tenga semplicemente acceso...Ma questo è già abbastanza più difficile, ci va un certo grado di conoscenza e di conoscenze...Però, in un modo o nell’altro, l’ha ritrovata…
-Vuoi vedere che il coglione le ha tolto il telefonino, l’ ha distrutto davvero?
-Probabile, ma senza pensare a tanto...Semplicemente per essere sicuro che chiunque l’avesse conosciuta in questo periodo non possa più ritrovarla!Voleva riprendersela...E’ venuto e se l’è ripresa...Cioè, dico, così pensa lui, mo’ che s’è fatto la sua scena...

-E Loredana l’ha seguito...

-E che poteva fare? L’avrà minacciata, se non di peggio...Avrà pensato che era meglio seguirlo, tanto per non fare scenate...Era costretta...Una scelta obbligata, I nostri l’hanno vista come un fantasma seduta accanto al coglione che guidava la sua BMW: il viso tirato, secco, smunto, ha smosso le labbra, quando li ha incrociati e riconosciuti, a uno stop, come se volesse dire qualcosa, senza avere poi il tempo e il modo di farlo...Aveva lo sguardo stanco, abbattuto, sofferto...Ti pare una che è contenta di ripartire?

-No...Poi, il coglione aveva gridato...L’aveva sentito il mio conoscente, il portiere dell’albergo...Quando è sceso, ha pagato il conto e se l’è tirata via per mano, mentre era come assente, senza voglia di reagire, come un automa, un fantasma, come hai detto tu...

-Non disperarti, le cose si aggiusteranno...

-Tu non sai cosa significa per me averla persa...

-Va bene, ti credo. Lo so, posso saperlo. So tutto. So pure che tanto non è finita, non può finire così. Diciamo che è un contrattempo, un incidente di percorso, che ti ha rovinato il Ferragosto...E poi, vuoi mettere? Lacrime...Disperazione...Impeto e assalto...Ci sta, ci sta...Tutto troppo facile, se no, no? Ma so pure che andrai a riprendertela pure tu...Per sempre, oh! So che la rivedrai, che capirai tutto, che vi parlerete e poi sarà di nuovo tutto chiaro fra di voi...Dormici su...La notte porta consiglio, dicono...Se fosse un film? Se fosse un film, non ci resta che piangere...

-E chi riesce a dormire?

-Beh, provaci...Domani, se non avrai ricevuto ancora sue notizie, andrai a riprendertela...Domani è un altro giorno, si vedrà... 

-Io domani parto…Tanto comunque dovevo ripartire a giorni...Anticiperò, giusto per mettermi a posto subito col lavoro...Sistemo le cose in sospeso col Commenda, che già mi aspetta, m’aveva giusto telefonato due giorni fa per dirmi che aveva bisogno, e poi, sistematomi al meglio, ripresomi un po’, mi metterò sulle sue tracce...

-Bravo, così mi piaci! Vedrai che la ritroverai! L’amore può tutto!

-Tutto quello che viene fatto per amore accade sempre, al di là del bene e del male!
-Portati la Twingo. Lo so che ci sei affezionato, ormai...E’ là che l’avete fatto la prima volta, no? Ormai quella macchina è tua, non mia...La bestiona la porto io a demolire...Tieniti la Twingo, dico davvero...Considerala un anticipo sulla nostra società, che, non appena quest’altra storia si sarà risolta, metteremo in pratica...Dobbiamo pure pensare a che cosa vogliamo fare da grandi...Non possiamo rimanere sempre i ragazzini senza pensieri per la testa, ma che si arrangiano come possono...Forse abbiamo già l’età, per diventare un po’ importanti...

-Già, forse mi sa proprio di sì...Sei un amico, Cosimino...Grazie..

-Lascia stare...Diciamo che è un anticipo di capitali e di beni della nostra società, in vista del certo prossimo fifty-fifty...Non vedo l’ora di cominciare...Con te...Ma ora non è il momento. Ora devi ritrovare Loredana...


 

Già...Dove vai quando poi resti solo? L’amletico interrogativo mi si riproponeva in tutta la sua drammatica attualità della contingenza cinicamente avversa.
Ci pensi.
C’è sempre un’autostrada a dividerti, una lunga linea grigia indefinita che mette di fretta, senza possibilità di rimedio alcuno, mille chilometri di distanza geografica… Gli autogrill, le barriere del pedaggio, in galleria è obbligatorio accendere i fari, le auto che ti sorpassano, che sorpassi tu più avanti e che ti risorpassano ancora, tratto dopo tratto, le città sono scritte bianche in campo azzurro, dopo le frecce d’uscita, le regioni sul fondo verde, in alto, al confine.

C’è sempre un treno che parte, posti prenotati, è pericoloso spargersi dal finestrino, i ritardi inspiegabili, le parole crociate, i dialetti che si mischiano, stazione dopo stazione, le dà fastidio se fumo?

 

Ecco, un altro addio, senza speranza, come sono sempre tristi le partenze, come sono sempre disperati gli addii.

 

Cercherai di sopravvivere. Si sopravvive, si sopravvive sempre. Passerà, te ne fari una ragione.

 

Ti ributterai nelle azioni quotidiane, troverai altri stimoli, altri interessi. Passa, passa: passa sempre.

 

Intanto, credo di poter rispondere a quella domanda.
Quando quel tu generico si personalizza, o prima, o poi, nella dimensione
individuale, allora tocca a te. Avresti voglia di spaccare tutto quello che ti capita attorno, che ne so, di sfogarti in qualche modo, oppure, all’opposto, non hai nemmeno la forza per pensare a una ragione, che, tanto, del resto, non c’è, e vorresti soltanto sparire e sprofondare. Non puoi neppure piangere, come vorresti, davanti agli altri, che non capirebbero, nella nostra cultura dominante, che non conoscono Ulisse, l’uomo bello e buono, che, di fronte al mare, prigioniero della ninfa Calipso, piangeva, senza vergognarsi, per la rabbia impotente e il pensiero rivolto alla terra degli avi, rifugio degli affetti negati, disperato, oh come piangeva!
Anche tu come lui. Se hai provato la straziante situazione di essere formica solitaria in un formicaio devastato, naufrago sbattuto dagli eventi passati come un uragano, pastore errante in un deserto senza fine, esule aggrappato a una muraglia con in cima cocci aguzzi di bottiglia, reduce sopraffatto dal tormento dell’inquietudine e del vano desiderio, allora, oh, sì, anche tu piangi.

Magari sopra a un maledetto treno che ti stava portando via, lontano lontano...In una notte senza requie, sdraiato su lettere strappate perché di parole oramai senza più senso...Al telefono, quando hai detto con un filo di voce, quasi supplicando, che non volevi, no, non potevi restare solo.

 

 

 

 

Se tu piangi, non cedere però mai al rimpianto.

Piangere libera, purifica, eleva.

Rimpiangere incattivisce, deteriora, abbatte.

Alla nostalgia, beh, sì, alla nostalgia ti sarà concesso indulgere, ogni tanto, quando ti prende. Quando, magari in un attimo, del tutto all’improvviso, ti sorprendi a pensare che è triste che certe cose belle debbano finire; quando, ancora per esempio, ti accorgi che non vedi più da mesi e mesi una persona che per anni e anni hai visto ogni giorno e ti sembra un lutto, una perdita secca e irreparabile, quello che c’era e che adesso non c’è più; quando ti ritornano in mente le parole, i respiri, gli sguardi, o le smorfie del viso...Ma questa è un’altra cosa, è umano, troppo umano...E anzi, se, quale perdita, di vero e proprio lutto si tratta, celeste sarà la nostalgia, celeste questa corrispondenza d’amorosi sensi.


Tra poco preparerò ancora una volta, all’ultimo momento, come al solito, il mio borsone, ci metterò dentro, alla rinfusa, le mie quattro cose e andrò di nuovo errando verso la meta, la cosa più bella e più buona, l’affettività.


Ancora una volta, tra poco, mi batterà forte il cuore, ogni volta uguale esattamente a tutte le altre e anzi incredibilmente peggio.


Ingoierò pure il rimpianto per una Lecce cambiata dai tempi che non c’è più e che mai più potrà ritornare, la città degli anni Settanta, dove tutto grondava di nuove emozioni ed entusiasmo di arrivare ad altre esperienze. Quella magica atmosfera, anche se in un altro modo, come a Milano negli anni Ottanta, dove tutto pulsava e si trasfigurava come dentro a un film, da protagonisti fattivi e creativi, e quella della metà degli anni Novanta, l’ultima speranza, affidata al cambiamento, distrutto dai poteri occulti e palesi, pagine di storia ancora tutte quante da scrivere, periodi di una lettura interamente ancora da acquisire, comunque invece adesso col trionfo della normalizzazione, del conformismo, del buonismo ipocrita, dell’opportunismo, dell’affarismo, della disaffezione e della disillusione, senza che ci sia più non dico quella magica atmosfera, ma pure un briciolo d’entusiasmo, la voglia di credere in qualcosa. Così come non c’è più quello che ognuno di noi si porta dentro e non si accorge che ormai altro non è che amarissimo rimpianto.

 

Tra poco mi sveglierò di colpo, infastidito da sogni confusi e convulsi, mi laverò il viso di malavoglia, prenderò il borsone e scenderò piano piano per non far rumore.

 

Tra poco cercherò invano un po’ di sollievo in un particolare insignificante, in un gesto meccanico, in un pensiero rimosso, in un disperso frammento.

 

 

 

 

 

Tra poco mi siederò di nuovo al tavolo di quella cinica, ininterrotta partita a poker che si ostinano a chiamare vita, e guarderò di nuovo le mie carte, spasmodico, ma senza darlo a vedere, sperando che sia arrivato il giro buono, finalmente.