6

STATE ASCOLTANDO RADIORAMALECCE

 

“Ci facciamo una bella tirata fino a Lecce e una bella passeggiata in città? Ci sei mai stata? Ti piacerà, credimi.. E’ molto bella Lecce...”.

 

 

State ascoltando Radioramalecce, questo programma no stop - music vi terrà compagnia per tutta la serata, magica, naturalmente, come sono magiche tutte le serate del Salento, nei giorni del sole, la lunga estate che sta impazzando adesso, in questo ancora inizio di agosto e adesso sono le 18.00 precise, quando voglio dedicare il primo brano a tutti voi che state ascoltando Radioramalecce...”.

 

Gino centrò meglio la sintonia dell’autoradio, alzò ancora un po’ il volume, le sorrise, guardandola, strinse il volante e pigiò sull’acceleratore, tirando un sospiro di sollievo.

 

Poco prima, mentre la aspettava, in paese, aveva tirato fuori dal bagagliaio una borsa sportiva e si era cambiato: i 501 della Levi’s, Lacoste rosa pesco, calzini incredibilmente quasi dello stesso colore, Timberland vela; un po’ di gel sui capelli ravviati all’indietro con le dita, ma col ciuffetto che ricadeva scompostamente in avanti, un soffio insistito su tutto il corpo di Eternity, e i mitici Wayfarer inforcati dopo un’accurata pulizia delle lenti, eseguita con un fazzolettino appositamente prelevato da una bustina.

 

Loredana distese le gambe in avanti, lasciò le scarpe nere sul tappetino e poggiò i piedi nudi sul cruscotto del vano passeggero anteriore; contemporaneamente, sistemò il capo sul poggiatesta, rilassandosi, dopo aver finito di passarsi sulle braccia un fazzolettino profumato che aveva trovato nel cruscotto, dove aveva potuto curiosare a lungo, fra cartine, scontrini, ricevute, fiammiferi, pacchetti di sigarette e di caramelle, aggeggi vari e quant’altro.

Aveva solamente chiesto il perché - ed erano state le sue sole parole, dopo il “Ciao!” iniziale - della presenza di un flaconcino di collirio Stilla, sistemato in bella evidenza sul piccolo ripiano vicino al cambio; ma non capì la constatazione che ne aveva avuto in risposta - “Si vede che non conosci i film di Almodovar” -però non replicò e si guardò allo specchietto il vestitino nero, il trucco appena accennato, il girocollo d’oro; poi, di sua iniziativa, alzò ancora il volume dell’autoradio. La bestiona correva veloce, a quell’ora e in quella direzione c’era pochissimo traffico e perciò era come se divorasse la statale pressoché deserta, ai cui lati le coltivazioni di ulivo si estendevano a perdita d’occhio, i rami scheletrici e contorti, mentre la terra arsa, sitibonda, sembrava sopportare rassegnata, con l’abituale indifferenza, il caldo secco e senza tregua.

Gino girò all’improvviso lo sguardo, che fino ad allora aveva accuratamente tenuto rivolto fisso sulla strada, verso gli occhi di Loredana. Non se l’aspettava: Loredana gli ricambiò il sorriso.

Poi si concentrò sulla guida e tirò al massimo.

 

La bestiona assecondava per quanto poteva ancora, come in un disperato tentativo di ribellione al destino, già segnato, della sua oramai imminente fine, e certo c’era qualcosa di tragico, di patetico, in quel tentativo di voler dimostrare di essere ancora viva.
Poi ripensò alle poche battute che le aveva detto prima: “Ti voglio salvare la vita...Perché se rimani ancora un po’ al sole ti collassi ustionata…Ci facciamo una bella tirata fino a Lecce e una bella passeggiata in città? Ci sei mai stata?Ti piacerà, credimi.. E’ molto bella Lecce...”.


 

Lecce si era annunciata con le prime piccole case di periferia e i grandi viali di pini che portano verso il centro storico, fatto di vicoli stretti, di abitazioni ricche di fregi, di monumenti e di chiese, di tufo giallo pallido. Con il frontale della basilica di Santa Croce, il barocco esplodeva di esuberanti invenzioni artistiche, che però riuscivano a creare un incredibile equilibrio estetico.

 

Il Caffé Alvino, coi suoi tavolini disposti sull’ ampio marciapiede, guardava di fronte l’anfiteatro romano, rimasto tale e quale duemila anni dopo e, sulla destra, la grande piazza S.Oronzo.
La statua del santo, che si librava in alto sulla colonna di marmo, continuava, impassibile agli eventi, a benedire con le tre dita.

Fra l’assorto e l’annoiato, comunque quasi sprezzante, sul tavolino più vicino un anziano signore con la mano destra teneva aperta “La Gazzetta del Mezzogiorno” sempre sulla stessa pagina e la cenere della sigaretta rimaneva attaccata al filtro nella sinistra abbandonata di lato; sugli altri tavolini, tre coppie di turisti mangiavano le granite di caffè con panna; due amiche consultavano la guida del telefono portata dal cameriere; più in là, un giovane parlava al cellulare della serata che andava oramai a cominciare.

 

Loredana tentava di prendere fra le labbra la buccia di limone rimasta incollata ai cubetti di ghiaccio. Gino pensò che quella fosse una scena più erotica di un ipotetico spogliarello; quasi si vergognò, però, di averlo pensato, quando si sentì chiedere, con un sorriso: “A cosa stai pensando?” e farfugliò, piccato, di rimando:” Ma non vale! E dai...Tu copi...Certo che é difficile essere originali...”
-Perché ti fai chiamare Ginetto?
-Gli amici, da ragazzo...Lu Ginettu, in dialetto...Così mi è rimasto tale e quale, come se gli anni non fossero mai passati...l vecchi amici, i miei genitori, i parenti...
-E la tua donna di Milano, come ti chiama?
-Non mi chiama più. Ci siamo separati anni fa e, di fatto, lo eravamo anche da molto prima.
-Perché è finita fra di voi?
-Non c’è mai una ragione perché un amore debba finire, risponderebbe di sicuro Cosimino...
-Rispondi tu...
-lo non ho mai capito se non c’è una ragione, nel senso che non ce n’è proprio, o non ce n’è una sola...
-Come?
-Lasciamo perdere...

-E non te ne sei trovata un’altra?
-Per me allora non è finito un amore: è finito l’ amore; non è finito un mondo: è finito il mondo.

 


 

-Sei molto triste adesso...Proprio tu che eri così allegro...
-Quasi tutti i quarantacinque giri, i dischi di una volta, avevano il lato A bello, appariscente, tutto andante e gradevolissimo; ma poi avevano pure il lato B, quello che non volevi ascoltare mai, che tenevi nascosto, perché brutto e triste, ma che ogni tanto poi veniva fuori, magari per sbaglio, all’improvviso
-Hai figli?
-Uno, ormai già abbastanza grande, cioè, insomma, non sta più neanche con la madre, ormai ha la sua vita.
-Vivi solo?
-Te l’ho detto, sì
-Dove abiti?
-In un appartamentino, nella zona universitaria, ma tanto sono in giro tutto il giorno, ci torno giusto per dormire…
-E lei?
-Lei chi?
-Lei!
-Non lo so. Evito di saperlo. Sono riuscito a sfuggire al rimpianto...E non è stato facile. Adesso non voglio saperne proprio più niente...
-Tu ne sei ancora innamorato...
-Forse...Ma questo non vuol dire...Quando è finita, è finita...Indietro non si torna!
-Perché? Un amore finito può sempre ricominciare...
-Ma se è finito?!?
-Anche se è finito!
-Tu hai letto troppi fotoromanzi, Loredana...
-E tu cosa fai? Di lavoro...
-Sopravvivo. Si sopravvive sempre. Ma questa è un’altra storia.. Te la racconterò un’altra volta...
-Perché non adesso?
-Perché adesso riprendiamo il giro turistico...Ci aspetta piazza del Duomo...


 

-Questa piazza ha un effetto indicibile...Forse neppure San Marco a Venezia, vista dal mare, forse neanche a Santa Croce a Firenze, che so, piazza dei Miracoli a Pisa, possiedono una tale intensità, ti danno un colpo simile...Giri un angolo, ed ecco, all’improvviso una profondità incredibile, una scenografia entusiasmante, i palazzi e la chiesa che si proiettano nello spazio con grazia misurata, pur carichi di tutti gli effetti dei fregi ostentati, e il campanile che si eleva ancora più in alto, molto più in alto, possente, ma leggero, leggero...Lo Zimbalo stupì la comunità, il governo, dai semplici cittadini, alle autorità, che gli affidarono quest’altro compito, dopo le belle prove che aveva dato di sé, nel diciassettesimo secolo, l’ Italia al tempo degli Spagnoli. Il gusto, l’estro, la voglia di fissare l’impossibile, di raggiungere l’armonia gli fecero trovare un altro e il migliore capolavoro possibile. Queste lampade artificiali che bucano le tenebre ti proiettano in una magia. Ma di giorno è la luce del sole che scolpisce i fregi, gli occhi, il viso e ti accende l’infinito...
-Tu ci credi in Dio?
-Domanda difficile...No! E tu?
-Sì! Ci devi credere...Devi chiudere gli occhi e ci devi credere...Vuoi provare?
-Ci ho provato. Ho cercato e non ho trovato.
-Riprovaci....
-Ci riproverò...
-Me lo prometti?
-Te lo prometto...Però adesso, tanto per rimanere su questa terra, ti porto a cena...


 

-…Gianni dovrebbe tornare a giorni, chissà che cosa farà, quando scoprirà che sono andata via... A quest’ora si sarà già allarmato, non trovandomi...Anzi, sarà su tutte le furie...Prima di Ferragosto dovevo andare con lui, all’estero, al suo ritorno: aspettarlo, per poi ripartire con lui...Invece...
-E invece?
-E invece, eccomi qua!
-Dai, non ci pensare...Mangia, ché si fredda...
-Non ho più fame...E’ tutto buonissimo, ma non ordinare più niente...Anzi, andiamocene fuori...Al mare...Mi sono stancata di stare qui dentro...E ho finito pure le sigarette...Anche tu...
-Ne ho due pacchetti in macchina...
-Allora andiamo, dai...
-Cosa fa Gianni?
-Traffici col padre. Affari con altri...Import...Export...E altre cose...
-Siete sposati?
-No, ma forse peggio...Non c’era fretta, diceva...Ha sempre continuato a
ripetere che non c’era fretta...
-Vivi con lui?
-Sì, nella villa che ha per conto suo...
-E’ ricco?
-Sì, molto...
-Lo ami?
-Lo amavo...
-E ora?
-Ora non più...
-Sei scappata per questo?
-No, non sono scappata per questo...Questo sarebbe il minimo...Ma dell’
altro, di tutto il resto, non ce la facevo più...
-Hai deciso di lasciarlo?
-Sì...Ma non so se sarà possibile...
-Come sarebbe a dire?
-lo l’ho già lasciato...Ma non so se sarà possibile.... Possibile...
-Possibile che? Non ho capito...
-Tu non puoi capire!
-Non puoi tornartene, per esempio, dai tuoi..? Dai tuoi genitori...

-...Morti! Sono morti quando io ero ancora una ragazzina... Un incidente stradale...La nebbia...Sotto a un TIR...
lo sono stata con mia sorella, che però poi si è sposata...C’era solo Gianni...
Lo conosco da venti anni...Accadde proprio qui a Otranto...
D’estate...Tornava da un viaggio in Grecia...lo...No, non c’ero mai più ritornata! Perché proprio adesso..? Non lo so neanche io, di preciso...

 


 

“Non so più quanti mesi sono che piango ogni sera, prima di addormentarmi...Tutte le sante sere...Ci sono quelli che prima di addormentarsi dicono le preghiere, leggono un libro, guardano la tivù...lo prima di addormentarmi piango...”


Forse per segnare la fine, là dove c’era stato l’inizio...E’ stata una cosa istintiva, non so spiegarti bene...Volevo soltanto andarmene via...
No, da mia sorella, guarda, non ci torno più, ‘stavolta, no...Non posso stare con lei e con suo marito...Per conto mio, sì, certo, ma quando? Ma dove, poi? Non servirebbe a nulla, sarei comunque vicino a lui...Devo trovarmi proprio un altro lavoro...Lavoro in un quotidiano, faccio la telefonista...Il posto me lo ha trovato Giorgio, mio cognato, che è giornalista, dietro mie insistenze, di voler essere indipendente...Gianni, naturalmente, non voleva...Adesso però non ci voglio più tornare...Ho scritto due lettere, da qui...La prima al giornale, per dare le mie dimissioni...La seconda a Gianni, per dargli un minimo di spiegazioni... La prima non l’ho spedita, no, come pensavo...La seconda, sì! Ah, la seconda, sì...L’ho fatta mandare via e-mail da una casella anonima...Con lui voglio proprio farla finita...Ma come farei a vivere senza il mio lavoro? Non so fare niente altro...Ma se ritorno al giornale, però...Sarei sempre là...Non ho voglia di imparare altro, non ne sarei capace...E poi non ne avrei la forza...La forza di ricominciare di nuovo, io, non ce l’ho...

-Lo so, non è facile nemmeno a dirlo, a farlo davvero, poi, è difficilissimo. Ma si può! Non è mai troppo tardi, e puoi sempre ricominciare da dove sei...lo ho avuto la forza di farlo...
-lo invece ho avuto sempre soltanto la forza di piangere...
-Hai pianto molto in questi giorni?
-Non so più quanti mesi sono che piango ogni sera, prima di addormentarmi...Tutte le sante sere...Ci sono quelli che prima di addormentarsi dicono le preghiere, leggono un libro, guardano la tivù...lo prima di addormentarmi piango...
-Ma cosa è successo?
-Adesso? Ah, adesso niente...Solamente la goccia che ha fatto traboccare il vaso...
-Come niente? Come la goccia?
-Guarda...Fa niente...Anzi, non dovevo nemmeno dirti tutte queste cose...Ti ho rovinato la serata...
-Ma che dici? Non mi hai rovinato proprio niente...E poi, che c’entra la serata? Mi dispiace per te...
-...E poi proprio a te che sei uno sconosciuto...E che non puoi capire...

 

 

 

-…Vorrei dirti il resto...Anche se puoi immaginartelo...Almeno un po’ puoi già immaginartelo da solo...
-Guarda che non voglio saperlo...
-Ma sono io che voglio dirtelo...Lo devi sapere...Tu mi sai
ascoltare...Magari non puoi capire...Ma sai ascoltarmi...
-Capisco che te ne vuoi liberare...Che ti fa bene parlarne...

 

 

-Era tutto il mio mondo, tutta la mia vita...E invece...

Prima, da fidanzatini, magari...Lui era ancora un ragazzo, io ancora una bambina...Lo adoravo...Mi spiegava le cose e io le facevo come mi diceva lui...Mi portava sempre con sé...Andavamo sempre in giro...La gente si voltava a guardarci…Mi faceva i regalini, mi telefonava la sera...Andò avanti così per un bel po’ di anni...

Ma poi cominciò piano piano ad allontanarsi da me...Si giustificava dicendo che doveva lavorare, che doveva pensare a sistemarsi...Andava via sempre più spesso e sempre più a lungo...Soprattutto all’estero...Si occupava ormai direttamente degli affari della famiglia...Divenne inspiegabilmente cattivo, nervoso, autoritario, intrattabile...Tutto preso dall’inseguire i soldi, coi suoi amici...

Ah, buoni quelli, te li raccomando...Con me cercava di comportarsi sempre allo stesso modo...Sapevo che non perdeva occasione per tradirmi...Non riusciva nemmeno a nasconderlo, o forse non gliene importava proprio nulla...L’importante che mettessi la mia firma sui suoi documenti...Che potesse esibirmi coi suoi conoscenti...lo non sono mai riuscita a staccarmi da lui, non ci provavo nemmeno...Quel tenore di vita...Quelle prospettive di consolidamento...Con tutti gli uomini che mi giravano intorno, erano proposte continue, non mi mancavano certo le occasioni, volendo, ma capivo che erano soltanto per quello, da me non volevano niente altro, e niente altro mi avrebbero dato, tanto valeva tenersi Gianni...

Ma oramai fra di noi andava sempre peggio...

Quest’estate ci sposiamo! Ma poi d’estate, regolarmente, spariva proprio dalla circolazione...E già, perché nei paesi dell’Est bisogna andarci d’estate, ché, se no, negli altri mesi si gela...

Certo, una buona parte, sono sicura, l’hanno avuta i suoi...Non mi hanno mai voluta, non mi hanno mai accettata.. Mi hanno sempre ignorata del tutto...Come se non ci fossi, come se non esistessi proprio...Dopo molte insistenze, capii che il massimo che potevo ottenere sarebbe stato di andarcene a stare per conto nostro, in una villetta da ristrutturare che aveva acquistato in un paese vicino..

Però neanche così, come avevo sperato, più che pensato, le cose migliorarono, anzi...Riversava nel nostro rapporto tutte le sue ansie, le sue preoccupazioni, le sue difficoltà, dando il peggio di sé...E poi tra i viaggi, gli affari e gli altri impegni, a casa, da me, veniva poco e niente. E io mi adattavo, di conseguenza.

Tornavo periodicamente a casa di mia sorella. A volte, quando c’era, nei fine settimana, da lui. La nostra non era neppure una convivenza, o una convivenza part - time, ma una semi convivenza part - time...

 

 

 

 

E non ti dico che cosa è successo quando ho cominciato a lavorare...Capì che in realtà si trattava di un mio primo, sia pur timido, tentativo di autonomia, di ribellione, di distacco, e tentò in tutti i modi di stroncarlo...lo ero di sua proprietà, dovevo fare soltanto e sempre quello che diceva lui...

 

-Adesso hai capito perché piango? Hai capito perché sono diventata così?
Poi, poco fa...Un’altra cosa a complicare tutto...A distruggere tutto...Il colpo finale...Che mi ha fatto perdere ogni forza, ogni speranza, lasciandomi sola, distrutta, davanti alla terribile realtà, da cui vorrei liberarmi...Vorrei...Ma non so ce la farò...Non so se ce la faccio...lo non ce la faccio più...


 

Aveva guidato più forte del solito, se pur possibile...La strada deserta, i tronchi degli ulivi ancora più contorti, ombre spettrali tutto intorno.

“Accendi l’autoradio?”- gli aveva chiesto non appena era salita in auto, e poi non aveva detto più niente. Pure Gino non disse più nulla. Ma, come succede qualche volta, non perché non aveva niente da dire, ma perché ne aveva troppo...


“State ascoltando Radioramalecce...Questo programma di no stop - music vi terrà compagnia fino alle ore sei del nuovo giorno, nuovo giorno che è ormai cominciato da pochi minuti...Pochi minuti dopo mezzanotte, sono sempre io che vi tengo compagnia, da questa sera...Questa sera magica, naturalmente, come sono magiche tutte le serate del Salento nei giorni del sole...”.


“Spegni l’autoradio?”-
gli aveva chiesto a quel punto. L’aveva spenta.
Centoquaranta all’ora, diciotto minuti e sei Marlboro e aveva inchiodato davanti all’albergo.

Loredana sembrò come svegliarsi di colpo. Gli era sembrato, infatti, che avesse dormito almeno un po’, durante quel tragitto di ritorno. Comunque, adesso lo guardava diritto negli occhi, e poi gli sorrise, prima di scendere dall’auto, dicendogli: “Grazie, Gino...’Stanotte non piangerò, te lo prometto...” - e, appoggiata al finestrino, si sfiorò le labbra con un dito, che, poi, subito dopo, gli portò sulle sue e tenne appiccicato per qualche secondo, che a lui sembrò un’eternità, fintanto che, staccandolo, non disse, sottovoce: “Beh...Grazie di tutto...Buonanotte!”.

E stava per ripartire, quando si sentì domandare: “Lo farai?”. “Cosa?”- chiese basito.

“Me lo avevi promesso....E te ne sei già dimenticato...”.

“Cosa?’ - chiese quasi divertito.

“Ci devi credere...Devi chiudere gli occhi e ci devi credere...Ricordi?”.

Le sorrise. “Lo farò” - disse, e ripartì di scatto.


 

Accese di nuovo l’autoradio.

“State ascoltando Radioramalecce. No - stop music dal Salento...Bella serata, ragazzi..!”.

La richiuse subito.

 

Una Marlboro ed era arrivato a casa. Spense il motore, scese, sbatté la portiera e pensò: “Sì, bella serata di merda”.