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“Due giorni sono troppo pochi per dimenticare..”.
Gino era giunto al Blue
Bar, il solito posto.
“Alla presenza, buona
sera!”- salutò svogliatamente. Sì sistemò su di una
sedia libera, avvicinata apposta dal tavolino di fianco; si toccò la barba
diventata nel frattempo ben evidente.
Fece finta di non sentire le battute che gli venivano rivolte da tutti i suoi
conoscenti: “C’è un tempo
per parlare e un tempo per stare zitti”- sentenziò,
dopo aver aggrottato le grandi ciglia, accendendosi una sigaretta e prendendo a
fissare i vicoli che davano sulla piazzetta, verso cui indirizzava convinto le
aspirazioni del fumo.
“Stessa
storia, stesso posto, stesso bar…“- disse,
guardandolo quasi preoccupato, Cosimino.
Gino, invece, prese a
fissare le gambe della cameriera, alla quale aveva ordinato un chinotto in
ghiaccio e, nel rispondere alle domande che le venivano fatte, in un italiano
pressoché perfetto e anzi ingentilito dalla pronuncia ricercata, la sentì
raccontare della nazionalità francese, degli studi universitari, delle
occupazioni part-time con cui si pagava le vacanze in giro per il continente.
Proprio sulle
occupazioni della ragazza, su quella apparente e su quelle malignamente
supposte, seguì una lunga discussione, sulla natura delle sue avventure
turistiche, condotta, con una foga degna di miglior causa, dagli amici, senza
che Gino vi intervenisse minimamente e conclusa da Cosimino con un apodittico “Tanto
sono
tutte puttane!” che cadde pesante
come un macigno.
Dopo, nessuno fiatò per un bel po’.
“Apriamo
il dibattito...”- ruppe il silenzio Gino, calandosi
in bocca l’ ultimo cubetto di ghiaccio rimasto nel bicchiere ormai vuoto.
Subito Sandro, che si trovava proprio al centro del gruppo, chiamò in causa una
biondina seduta con altri due al tavolino sulla destra; a suo dire, lo stava
guardando, per farsi notare; l’ aveva già fatto in mattinata sulla spiaggia,
sempre a quanto garantiva, spergiurando; adesso che si erano incontrati di
nuovo, continuava, come dovettero convenire anche gli altri, dopo una fitta, per
quanto circospetta, serie di occhiate e occhiatine, senza che i suoi
accompagnatori se ne accorgessero.
Sandro, a quel punto, si drizzò sulla sedia, si accarezzò il petto villoso
lasciato in mostra dalla camicia azzurra, facendo finta di sistemare il
crocefisso che pendeva dalla collanina d’oro; si riavviò i capelli che portava
lunghi, nerissimi, dietro alla nuca(negava sempre di tingerseli, sostenendo di
non averne neppure uno bianco); si toccò i jeans sui bottoni e non le levò più
gli occhi di dosso.
Poteva avere sui venticinque anni, anche se ne dimostrava di più, le gambe esageratamente scoperte, una specie di cicatrice sulla coscia destra, fin troppo bionda ossigenata, non molto alta, un grosso seno sotto la maglietta dalla vistosa
stampigliatura pubblicitaria, un faccione pesantemente truccato, le dita delle mani tutte inanellate, le unghia laccate di rosso scarlatto.
Gli altri due, seduti di
spalle al gruppo, erano rimasti del tutto ignari di tutto quello sciupio di
occhiate, ora languide, ora furtive, ora frementi, che nel frattempo si era
andato levando.
“Li
ho già visti, quelli, in discoteca, l’ altra sera. Erano insieme ad altri...”-
disse Massimo- “Non mi
ricordo bene se sono di Brescia, di Bergamo, o di Varese...Qualcosa
del genere, insomma...”- aggiunse poi- “...Ma
non mi sembra che ci fosse pure la ragazza...”.
“La biondina della Lega Nord...”- sorrise Antonio - “Le piacciono i duri...”
“Ma
quale biondina? E quale Lega Nord? Quella è tutta ossigenata e poi sarà un’altra
Albanese export, riconvertita...“- commentò
Cosimino.
“Comunque
le piacciono, a quella... E ce l’ ho duro io, non quello stronzo di Bossi!”-
riprese Sandro, fremendo -
“Io ‘mo vado e me la porto!”-
sospirò, sistemandosi la camicia nei pantaloni.
“Vediamo
di non fare scenate..! Giusto per non farci conoscere un’altra volta..!”-
provò a calmarlo Oronzino- “Tanto
la ritroviamo più tardi a ballare!”
Subentrò un rumore sordo, un tonfo prolungato, uno stridio afflosciatosi nell’acqua, del traghetto, che aveva buttato l’ ancora; l’ aria pungente profumava di iodio, di salsedine, di terre lontane; la gente era aumentata nei vicoli, oramai veramente affollati, in un via vai ininterrotto, in cui Gino guardava con rassegnata monotonia, dopo aver cercato, senza trovare, l’ unico volto che avrebbe voluto trovare, e invece adesso ne aveva perso ogni speranza.
Cosimino, subito dopo, riprese le fila del discorso: “Un
periodo almeno, lo iniziano, lo finiscono, ma un periodo, più o meno lungo, più
o meno breve, ce l’ hanno dentro, non è possibile altrimenti, lo devono fare per
forza, il loro periodo di troiaggine!”.
Gino spense con cura il mozzicone nel posacenere oramai stracolmo, con un’espressione di disgusto apparentemente dovuta alla puzza che vi si levava; si volse a guardare la biondina della Lega Nord, tanto per consolarsi almeno con lo sguardo, pensò, ma scoprendosi amareggiato e dunque triste.
Cosimino continuò imperterrito: “lo, tu, noi, tutti...Separati e divorziati...Non può essere un caso...Tutti quelli che sento, con un piccolo aiuto dei nostri amici, la mia generazione, quelli che hanno la stessa mia età...Non può essere un caso...Non è un caso... E’ che le femmine hanno smesso di essere quello che erano...La femmina è latina, la donna è americana...Hanno deciso di cambiare tutto, senza sapere bene che cosa volevano e senza capire che cosa stavano facendo...Il femminismo, l’emancipazione, io sono mia, la
liberazione, il lavoro... Dovevano decidere e fare tutto quello
che volevano... Un casino...Hanno incasinato tutto e basta...Ecco, è diventato
tutto un casino e basta...La famiglia non esiste più, non è più un rapporto di
mutuo soccorso, di reciproco affetto, di solidale costruzione d’intenti, no,
solamente competitività esasperata e conflittualità permanente, pure là...E sono
diventati così pure i rapporti d’amore...Ma quale famiglia? Di che cosa si
riempiono la bocca? Sono combattimenti di retroguardia. Già persi in partenza. I
nostri figli vivranno un anno con una, un mese con un’altra, due anni con una e
tre mesi con un’altra, così via...”.
Tirò il fiato per pochi secondi: “E tu, Ginetto, che stai pensando a una donna e ti stai rovinando la prima serata di vacanza, per pensare a una di queste qui...”- esclamò, recitativo, fissando teatralmente l’amico - “Perché io ho capito a che cosa stai pensando e perché tieni quella faccia sofferta...”
-“Tu capisci sempre tutto...”-
rispose Gino a bassa voce
- “Fai analisi sociologiche involute e sei capace di formidabili
intuizioni psicologiche...”.
-“La tua presunta ironia scivola sui binari della mia più assoluta
indifferenza...”.
-“Ma vai a cagare!”.
“Ma è qui l’errore!”- intervenne
Sandro- “...Che stai
pensando tanto...E a una sola...Sono loro che devono pensarti, no tu a loro... E
poi, mica devi averne una...Ricordati: ti devi costruire come un parco - giochi,
come un luna - park con tante attrazioni diverse, così, quando ti stanchi di
giocare con una, puoi sempre passare subito all’altra...E mentre ci stai
giocando, lo sai e ti diverti di più, senza problemi, perché già sai che ti
aspettano altri divertimenti e non ti fai coinvolgere... Hai capito, Ginetto? Il
parco - giochi...”.
-“Sì, sì...Il parco - giochi...”.
-“Beh, io mi sono rotto...Ce ne andiamo? Ce ne andiamo a mangiare
qualcosa e poi in discoteca...”- disse Massimo.
“Sì, dai...Io devo fare pure benzina...”- disse
Sandro.
“E io devo prendere le sigarette...”- disse Antonio.
“Passiamo prima da casa mia..”-
invitò Oronzino - “Ci
prendiamo qualcosa dalla pizzeria là vicino...”.
“Che fai, Ginetto, vieni?”- disse Cosimino, senza
ottenere risposta, mentre gli altri si erano già alzati e si erano incamminati.
Gino aveva fatto
soltanto cenni di saluto con la mano, dopo aver assicurato, sempre a gesti, che
avrebbe pagato il conto.
Anche la biondina della
Lega Nord si alzò poco dopo e se ne andò con i suoi due amici.
La cameriera non aveva il resto disse che sarebbe andato a prenderlo, per
portarlo subito.
“Tienitelo!”-
disse invece Gino, prima di lanciarsi di scatto, all’ improvviso, nella
piazzetta, facendosi largo a forza fra la gente, fino a raggiungere l’inizio del
vicolo principale, dove una ragazza era ferma e lo stava guardando, e anzi lo
guardava divertita.
Loredana, spiegò, era
uscita soltanto a fare due passi, prima di andare di nuovo a dormire, perché
avrebbe voluto alzarsi presto per andare subito a mare; anzi, a comprare il
costume da bagno, gli zoccoli da spiaggia e la crema abbronzante, visto che,
aveva appreso, i negozi rimanevano aperti fino a tardi; con la massima
naturalezza, gli fece pure vedere il bikini, chiedendogli se gli piacesse...E
pensare che non c’era più il ragazzo della reception, sostituito dal portiere di
notte...Si vede che era proprio un segno del destino, commentò, proprio
divertita, e non aveva più quel tono apparentemente ostile e polemico della
mattina, ma era dolce, molto dolce, anche quando rifiutò ogni altro seguito, e
chiese di potersene ritornare da sola in albergo, rimanendo al massimo pochi
secondi ancora, giusto il tempo di stare a sentire la spiegazione del ritrovo
degli amici al bar, e congedandosi con un ambiguo “Beh,
ciao, ci vediamo domani!”.
Gino ripercorse di malavoglia il tragitto alla piazzetta, al Blue Bar, ai vicoli, alla porta a mare, al castello, al porto, al parcheggio, alla macchina, prendendosela con sé stesso, per non essere stato all’altezza e non aver minimamente insistito. Aveva tanto sperato e tanto desiderato di rivedere Loredana...E poi, quando era successo per davvero, era rimasto attonito, trasognato, praticamente un inetto.
Si è sempre impreparati
di fronte agli eventi, pensò, cercando di ricordare chi l’avesse detta quella
frase, invano.
Girando la chiavetta dell’accensione, passò poi a evidenziare come quella giornata si fosse conclusa con quella specie di apparizione fatidica e divina nello stesso modo in cui era cominciata...Un segno del destino, forse?
Quando, oggi pomeriggio,
la pelle che mi bruciava dal troppo sole della mattinata più della gola arsa, e
perciò ero scesa al bar a bere qualcosa di fresco, il ragazzo della reception mi
aveva consegnato un foglietto piegato dicendomi che l’avevano lasciato per me,
avevo provato un certo senso di fastidio.
C’era soltanto un numero di telefonino.
Seduta mollemente sul terrazzo dell’albergo, ci sto pensando ancora, se
chiamarlo...Perché poi saprò dirgli di no, quando, inevitabilmente, mi chiederà
di vederci, ‘stasera?
-Ieri era oggi, oggi é già domani...
-E che vuoi dire?
-Lo disse una volta un mio amico, qui di
Otranto, dopo aver guardato il suo orologio, a mezzanotte, come adesso...Cosimino
parla sempre con le frasi delle canzoni...
-E’ già mezzanotte?
-Sì...Gli altri staranno per andare a ballare...Li raggiungiamo?
-E dove?
-Mah, qui vicino…Fino a pochi anni fa si andava sempre tutti al Nike, ma ‘mo l’hanno chiuso. Nike non era certo la marca di scarpe che ha violentato la lingua, oltre a violentare produttori e consumatori...E’ la cosiddetta globalizzazione, no? Nike, che nell’antica Grecia era la vittoria, qui, dove il greco ha lasciato traccia imperitura, nel dialetto di alcuni paesi limitrofi, era il nome della discoteca, anzi, a dire il vero non era proprio una discoteca, insomma, era il punto di ritrovo, dove si mangia, si beve, si sente musica, insomma, era il posto dove gli altri esercitavano la loro passata gioventù, tirando l’alba, con sistematica regolarità, per tutta l’estate, in cerca di gloria e d’avventura...Adesso l’hanno dovuto sostituire con un altro…
-Perché, tu no?
-Saranno venti anni che non vado più in discoteca…Ma credo che a te possa fare piacere...Almeno, starai un po’ di più senza pensare...
-Mi rendo conto...Non sono stata di molta compagnia...Scusa...
-Non devi scusarti di nulla...E’ che pure nel mio inesauribile repertorio si aprirà qualche falla, se dovrò continuare a parlare sempre io...Meglio bypassare la situazione...
-Ero presa da troppi pensieri...
-Me ne ero accorto...Succede...
-Solo che a me succede sempre...
-E ti succede sempre di non sorridere mai? E sì che ‘stasera mi ci ero messo d’impegno!
-E’ che non ne ho proprio motivo, credimi...Tu sei molto caro...Sei brillante, interessante...Sono io, non tu...Forse non dovevo proprio uscire...Tu non c’entri...Tu anzi sei stato splendido…Sei un ragazzo molto ricco...
-Solo
di soldi no...Cosa era quello di prima, un sorriso?
-Hai visto?
-Ho visto...Ho visto pure che per la prima volta mi hai guardato negli occhi,
senza deviare lo sguardo...Devi guardare avanti, Loredana, e non voltarti più
indietro...
-Tu non puoi capire, senza sapere, senza che io ti abbia detto niente...
-Posso capire, invece...Anche senza tante parole...A volte basta un gesto, basta
uno sguardo...Tu devi dimenticare, e devi riuscire ad andare oltre...
-Due giorni sono troppo pochi per dimenticare...
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