Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di giuseppe (del 29/07/2009 @ 21:43:56, in blog, linkato 4287 volte)
Quelli che segueno sono i miei commenti agli altimi post e alle ultime novità inerenti il blog:
QUELLA LUNGA CALDA ESTATE DEL '77 A LECCE
che io stesso ho "postato" in coda a quelli esistenti.
Li ho riportati amche qui in data odierna, ma per dare ordine alle nuove letture e ad eventuali successivi contributi, vi prego di seguire la traccia originaria.
E' facilissimo: dalla home page, in special blog, cliccando sulla foto o sul titolo
QUELLA LUNGA, CALDA ESTATE DEL '77 A LECCE
e sarete nella versione completa.
Grazie a tutti.
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Non replico mai ai “post” dei “naviganti” sul mio blog, anche perché non voglio avere l’ultima parola, bensì lasciarla liberamente agli altri: ma ogni regola ha la sua eccezione. Oggi si vede che era giornata…
Ho visto soltanto adesso gli ultimi commenti, dopo che, questa mattina, toh, mi ha telefonato il buon Roberto Tundo preannunciandomi di voler adoperare per il suo giornale ( la ormai mitica, nella sua puntualità e caparbietà, “Contea” ) questo articolo sugli anni di piombo a Lecce, e ne sono contento, anche perché la pubblicazione sulla “Gazzetta”– scoprii poi – fu parziale e anzi minima; poi perché l’iniziativa, nell’encomiabile intento del suo ideatore, non è occasionale, né vuol essere estemporanea, al contrario: prelude ad altre testimonianze che il buon Roberto solleciterà ai protagonisti dell’epoca, al fine di ricavarne anche un libro, che sarà sicuramente un buon, bel libro, in quanto di esperienze rivissute con la criticità dell’età matura: dunque e tanto più, non per il passato, ma per il futuro.
Un libro cui più volte, negli anni scorsi, sia Valerio Melcore, sia Angelo Scardia avevano pensato, senza riuscire a realizzarlo, travolti dalle loro tante e vulcaniche attività. Intanto, più che a te, che già lo sai, visto che vi sei, come si dice ora con una bruttissima parola – ma che farci? – “taggato”, a tutti gli altri che un abbozzo di discorso c’è già sul sito
http://destrasocialesalento.blogspot.com/2008/05/la-storia-siamo-noi.html
a opera di Giuseppe Stamerra, con qualche notevolissimo contributo, a parte i miei: ho trovato particolarmente bello quello di Graziano de Tuglie, pendolare da Nardò dalle 8 alle 20, ufficialmente per andare all’Università, in realtà per fare il militante: il racconto della sua corsa a perdifiato inseguito da un poliziotto quel 12 novembre è delizioso…
Volevo dire questo, e basta, senza voler replicare a niente e senza avere nessuna ultima parola: sono contento, Roberto, di quanto mi hai detto, e mi ha fatto molto piacere.
Giacché ci sono, grazie poi a Gianfranco Marciano. Mi ricordo tutto, certo. Quanto alle espressioni di Valerio, peccato soltanto, per doverosa auto - censura, non poter completare quel suo “A stu livellu quai…” con quel che seguiva, quando si trovava di fronte uno o l’altro dei ragazzi che, diciamo così, perdevano i freni inibitori… A proposito, in questi anni ho sentito uno dei tanti racconti di Valerio che secondo me è bellissimo, anzi, emblematico, profetico e profondissimo: di quando partecipò la prima volta alla Direzione nazionale del Fronte della Gioventù a Roma, e di cosa successe quando ci tornò la seconda volta…
Peccato soltanto che, pur a volerlo scrivere, perderebbe tanto, privato delle sue tipiche espressioni idiomatiche, anche se conserverebbe significati e significanti. Facciamo che se un giorno, magari in un dibattito, vorrà raccontarlo, io cercherò di spiegare che cosa ci vedo di politicamente importantissimo e di lucidamente profetico.
Ti abbraccio anche io, Gianfranco: rispetto le tue scelte, così come rispetto quelle dei tanti ormai ex quasi tutti “camerati”, con i quali – e soltanto con loro: con gli altri, litigo sempre con tutti e ne ho per tutti! – non riesco a litigare: non l’ho mai fatto e tanto meno mi metterò a farlo ora, qualunque siano state le mete raggiunte dai loro percorsi umani e politici di questi anni.
E sapete perché? Perché comunque me li ritrovo in memoria, e non soltanto quella del telefonino: perché abbiamo un destino in comune, un portato genetico scolpito dalla passione e dalle esperienze decisive. Chi ha fatto politica in quegli anni, sa che cosa è veramente la politica, che cosa almeno dovrebbe essere, al di là di quello che – ahimè – è diventata adesso, o di quello che, per tante ragioni, costringe a sopportare: ma qui ho detto e qui mi fermo.
Per quanto mi riguarda, ho smesso di fare politica attivamente nel 1991, quando Pino Rauti lasciò la segreteria del Msi; ho preso poi per inerzia la tessera di Alleanza nazionale i primi due o tre ami e basta; non ho mai avuto altri partiti; ho deciso di non avere più partiti, perché a me piaceva il Msi così tanto, che non me ne potrà mai piacere più nessun altro.
Ho scelto di mettermi a scrivere: ho fatto il giornalista; da grande ( ma lo sto già facendo: il futuro è già iniziato) farò lo scrittore, l’animatore e l’organizzatore culturale, e mi spiego. Credo nella divulgazione, nelle inchieste giornalistiche, nella magia dei libri e, ultimamente, ancora di più in quella, unica, irripetibile, straordinaria, del Teatro.
Tutto questo, per dimostrare che tutto un patrimonio ideale, là dove affondano le nostre radici, è vivo e attuale più che mai: e che senza radici non c’è equilibrio, non c’è crescita, non c’è futuro.
Anche a Luca, un saluto e grazie: e troverà da sé le risposte alle sue tante domande, e quelle che troverà egli stesso, saranno giuste, comunque le migliori. Mi resta la curiosità di sapere chi fosse la Carlotta Paiano che salvò Paolo dai comunisti assatanati caricandoselo al volo a bordo del suo “Ciao”; la nostalgia della scassatissima 124gialla che usavamo per andare a fare comizi e assemblee nel grande Salento, e vi assicuro che ognuno di quei tanti tragitti era ogni volta un’avventura straordinaria; e…Un minuto, giuro, soltanto un minuto, cosa non darei per risentire Terzo Reich arringare tutti noi in perfettissimo tedesco!
Di giuseppe (del 18/07/2009 @ 12:53:27, in blog, linkato 1451 volte)
LE PAGELLE DELLA SETTIMANA
venerdì 10 luglio 2009
MATTEO SALVINI
Finisce in bruttezza, oggi, con una girandola di dichiarazioni pseudo – giustificatrici, che puzzano di falso e risuonano di in autentico lontano un miglio, una settimana disastrosa.
Giovane, almeno per l’età media della politica italiana, deputato ed eurodeputato leghista, milanese, nonché consigliere comunale della metropoli lombarda, in cui si era già segnalato per talune bislacche prese di posizione, trova, purtroppo per lui, ma soprattutto per noi, il suo quarto d’ora di celebrità martedì scorso.
Qualcuno segnala su “You tube” un video in cui alcuni giorni prima si era prodotto in una performance canora da ultras calcistico. Peccato che non si trovasse in curva a San Siro, durante “Milan-Napoli”, ma a Pontida, ad una manifestazione politica, per quanto delirante al solito su una fantomatica Padania, del suo partito.
Così, finisce su tutti i telegiornali e su tutti i giornali, mentre, un po’ alticcio, circondato da un gruppetto di seguaci, con un boccale di birra in mano, all’improvviso, nel bel mezzo della combriccola che nemmeno ci pensava, intona del tutto gratuitamente un ritornello squallido, più che pesante, di esplicito contenuto razzista, rivolto contro i Napoletani.
Roba al cui confronto le performance erotiche di Silvio Berlusconi, pur gravi e grevi nei significati e nei significanti, diventano peccati veniali.
Si pensi un attimo, per esempio, a quanto abbiano apprezzato il coro leghista gli attuali terremotati dell’Aquila. Ignora del tutto Matteo Salvini che la Politica dovrebbe educare, migliorare, nobilitare, lanciare messaggi positivi, costruire il futuro; e non sollecitare gli istinti più bestiali, le idee più becere e gli esempi più vomitevoli.
Conosce bene invece il portato genetico del suo partito, nato vent’anni fa sulle ceneri ancora bollenti del razzismo contro i meridionali al Nord. Alla perfezione, poi, applica gli esempi ricevuti dai suoi fratelli di Padania, autori di altre gesta eclatanti, dall’ex Guardasigilli che balla un altro coro da stadio anti-italiano nella sede del Ministero, all’attuale ministro degli Interni, condannato per aver preso a morsi un Poliziotto, via via fino al sommo leader, salvato dalla galera per aver offeso la Patria e il Tricolore da un’apposita legge, la “salva – Bossi”, appunto, voluta e votata dagli alleati allora ancora a reti non unificate di Forza Italia e di Alleanza nazionale, che ha vergognosamente depenalizzato tali reati.
Non contento, Matteo Salvini finge poi di dimettersi da deputato, il che era per lui un atto dovuto, perché imposto dalla legge, in caso di elezione sia al parlamento nazionale, sia a quello europeo, senza che nessun giornalista lo abbia spiegato; e poi continua a offendere tutti, almeno nell’intelligenza, che gli altri hanno, con le sue dichiarazioni in cui dice di volersi battere per la mozzarella di bufala e di voler indossare la maglietta del Napoli calcio, all’europarlamento di Strasburgo. Voto: 1 / Catastrofico
Venerdì 17 luglio 2009
BEPPE GRILLO
Ammalato di protagonismo, in crisi di astinenza, si inietta un’overdose, inventandosi un vero e proprio colpo di teatro.
Complice una domenica estiva in cui non succede niente, finisce sulle prime pagine di tutti i quotidiani, il giorno dopo, senza che a nessun giornalista venisse in mente che quella sua auto - candidatura alla guida del Pd non stava né in cielo, né in terra, per tutta una serie di ragioni che, appunto, soltanto ai nostri giornalisti potevano sfuggire.
Così, c’è voluta un’apposita riunione del plenum del comitato centrale del Partito Democratico, per ricordare quanto di più ovvio al mondo: che uno che non è iscritto, non può candidarsi a niente; e uno che denigra, sbeffeggia e insulta iscritti e dirigenti non potrà mai esserne il leader.
Nemmeno i fratelli Vanzina avrebbero potuto pensare a tanto, per il loro prossimo film: “Te lo do io il Pd!”.
Intendiamoci: molte delle cose che Yomo Grillo è andato predicando in questi ultimi anni hanno il loro fondamento logico e la loro oggettiva carica di giustizia: del resto, le degenerazioni della Seconda Repubblica; i privilegi della casta; il regime che indistintamente unisce i due maggiori partiti, volti soltanto a consolidare la propria egemonia di potere; le loro incapacità congenite non dico a risolvere, ma neppure ad affrontare seriamente quelle che nel frattempo sono diventate vere e proprie emergenze epocali; ecco, tutto ciò è sotto gli occhi di tutti.
E’ la mancanza di un impianto ideologico, che però toglie credibilità a Yomo Grillo: è il suo essere senza radici, senza fondamenta. E’ l’incapacità congenita, diciamo l’impossibilità strutturale, a dare un seguito concreto e fattibile a quanto sostiene, che lo rende niente di più che un fuoco d’artificio.
Per fare un esempio, le sue liste e listarelle elettorali, animate dai così detti “grillini” hanno avuto esiti deludenti, pur dopo un’enorme esposizione mediatica, che nessun altro soggetto partitico aveva avuto.
Per farne un altro, ecco che Yomo Grillo raccoglie le firme per un’iniziativa di legge popolare, ignaro della fine che tutte le altre iniziative simili hanno avuto nella storia repubblicana, e va in Parlamento a consegnarle, tenendovi in sede Istituzionale un discorso rispetto al quale quello di Benito Mussolini dell’aula sorda e grigia nel 1922 diventa un encomio apologetico.
Ecco, è il metodo, che non lo rende credibile: parla, straparla, denigra, insulta e poi non accetta confronto, non ragiona, non convince, non spiega, come se la politica fosse avanspettacolo, con tutto rispetto per l’avanspettacolo, nobile genere d’arte. Ma la politica, ecco, la politica è un’altra cosa.
I leader politici, sono stati altri. E altri pure gli intellettuali, gli ideologi, gli ispiratori beh, sono tutta un’altra cosa. Che adesso un po’ di tutto questo sia diventato Yomo Grillo, è un altro triste segno dei tempi. Infine, le contraddizioni personali. Intendiamoci, siamo tutti più o meno in contraddizione, insomma, ognuno di noi si presta a questo. Ma Yomo Grillo non ne ha una, e leggera: ne ha tante, e tutte pesanti. Ne ha troppe. Insanabili.
A cominciare appunto dall’aver fatto pubblicità e vendere cassette, dvd, libri e tutto il resto, parlando male del capitalismo.
E fosse solo questo! Ma poi Yomo Grillo parla di ridurre i consumi e ha viaggiato in Ferrari e in Gippone – mostruoso; dileggia lo Psiconano e ha usufruito del condono fiscale promosso dal governo Berlusconi; avrebbe voluto distruggere i computer, e poi qualche anno dopo è diventato Guru della rete e Santone del web…Basta? Non basta? Ancora uno e poi basta?
Vuole escludere dalla vita pubblica e politica chi è stato condannato in via definitiva, ed egli stesso ha una condanna passata in giudicato e confermata dalla Cassazione a un anno e tre mesi per triplice omicidio colposo.
Insomma, la sua auto - candidatura alla guida del Pd poteva essere presa sul serio solamente dai fratelli Vanzina, ma essi, da persone serie, a differenza dei giornalisti italiani, non l’hanno fatto.
Voto: 4/ Inadeguato
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