“SECOLO D’ITALIA”, 29 novembre 2006 - pagina 16

L’Amore, istruzioni per l’uso...moderno

Giuseppe Puppo, traendo spunto da cronaca e gossip, affronta in un libro il discorso delle forme amorose nell’epoca di internet e degli sms

di Nicola Vacca

Parlare d’amore nonostante il grande freddo dei sentimenti. Giuseppe Puppo, scrittore e giornalista, si è rivolto all’intelligenza del cuore per scrivere il suo Breviario d’amore(Azimut, pagine 223 euro 13,50). Non si tratta di un manuale di istruzioni per l’uso. L’autore, prendendo spunto dalla cronaca e al gossip, affronta un discorso serio sulle implicazioni esistenziali che ci accadono quando nella nostra avventura esistenziale precipitiamo negli abissi assoluti del sentimento amoroso.

Soffermandosi sugli aspetti del costume del nostro tempo, Puppo passa in rassegna tutte le diavolerie del discorso amoroso con le sue trappole che scaturiscono dall’immediato contingente della vita reale.<<Se è vero che l’amore-precisa l’autore- è eterno e dunque vive anche di forme che non hanno tempo, è altrettanto vero che intanto è cambiato tutto intorno ad esso. Diciamo che è cambiato tutto in questi ultimi due, tre decenni figurarsi rispetto ai periodi anteriori. E così è cambiato anche l’amore. E’ cambiato nei modi in cui si manifestano le sue forme, ma forse è addirittura è cambiato nella sua sostanza, comunque è cambiato a tal punto da riproporre urgentemente e prepotentemente la domanda su che cosa dunque esso sia>>. Nonostante i radicali cambiamenti l’amore resta sempre l’elemento più potente e più coinvolgente che caratterizza tutti gli esseri umani. Puppo nel suo libro sottolinea questa ovvietà necessaria, ma non si sottrae al realismo che la sua indagine richiede. Anche se l’amore ai tempi del computer presenta novità sconcertanti, il nostro autore non ignora mai una verità di fondo che nessun progresso tecnologico può compromettere. L’amore vie sempre e comunque. L’amore e sempre più forte della morte. Perché l’amore è la vita.

L’amore visto con gli occhi della quotidianità. Parte davvero da qui il tuo viaggio nel pianeta amore, o c’è dell’altro?

C’è la voglia di capire e far capire, dal punto di partenza della quotidianità, dell’esperienza condivisa, per arrivare alla consapevolezza, alla riflessione individuale. I personaggi del gossip sono gli esempi presi a pretesto, gli strumenti che adopero per compiere questo vero e proprio viaggio, come hai ben colto tu. Tendo la mano al lettore, lo accompagno attraverso motivi e personaggi che più o meno conosce, ma che io gli ripresento non solo con i dettagli, ma pure per questioni, per problemi, col metodo della complessità, e mi confronto con lui con i ragionamenti che di volta in volta, dalle varie situazioni prese in esame, scaturiscono.

Poi, mi sembra di capire...Vuoi sapere anche se mi sono basato sulla mia quotidianità personale, vero?

Si’, ovvio! Quanto hanno giocato le esperienze personali?

Tanto. L’idea di scrivere “Breviario d’amore” nasce anche, direi in primo luogo, dalle esperienze personali. Sono state la spinta, la molla a intraprendere il viaggio. Poi, è venuto tutto il resto, lo studio, la ricerca, la documentazione, i materiali, le interviste e quant’altro. Ma la molla sono state le esperienze personali, sì. Per passare dalle mie impressioni, fin dentro a quello che abbiamo imparato a chiamare l’immaginario collettivo, tanto profondamente cambiato e provato dalle trasformazioni sociali. Detto questo, ti dirò poi che la mia educazione sentimentale è avvenuta negli anni Settanta, quando si diceva “ il personale è politico”. Nonostante oggi, trent’anni dopo, si pensi di solito il contrario, io lo credo ancora, io credo che il privato sia pubblico, che i comportamenti della sfera personale abbiano, o debbano avere, un corrispettivo preciso e pesante nella sfera del pubblico, del sociale. Poi, al di là di quel che penso io, parlando d’amore si finisce inevitabilmente con il parlare di tante “cose” che non sono più private: si finisce per parlare di persone, di famiglie, di lavoro, di soldi, di relazioni, di implicazioni e scusate se è poco. Un intellettuale, proprio di recente ha parlato per la prima volta da destra di “famiglia plurale”e io credo che abbia fatto bene.

Nel tuo libro hai davvero dato completezza ai dilemmi dell’amore, raccontando del suo stato odierno più le involuzioni che le evoluzioni. Pensi che esista un concetto postmoderno dell’amore?

Ecco, appunto. E’ cambiato tutto intorno a noi negli ultimi tre, quattro decenni. Sono stati grandi rivoluzioni, proprio perché avvenute giorno dopo giorno, fino a che niente è stato più uguale a prima. Intorno a noi e dentro di noi. Bada bene, però in peggio, almeno in linea di massima e senza con questo voler rifuggire dalle sfide che la modernità sempre pone. Però, ecco, all’uscita dal tunnel delle ideologie, delle certezze, delle grandi speranze, o utopie che dir si voglia, ci siamo ritrovati in un deserto arido di sentimenti e di passioni, chiusi da scenari di egoismo e di materialismo. L’amore ne ha inevitabilmente risentito. L’amore è ora- in linea di massima, ovvio, ma in linea di massima è così- più leggero, più fatuo, mi spiace dirlo: più effimero di sicuro, forse pure più futile. Non c’è più voglia di rischiare. Siamo interessati a investire in borsa, sopportiamo le fregature della Parmalat, o dei bond argentini: ma siamo sempre meno propensi a investire su di una persona, e non tolleriamo che poi il capitale così accumulato insieme ad essa possa d’ un tratto dissolversi, o sparire. Poi, pure quando stiamo insieme ad un’altra persona, siamo sempre più pronti a prendere e sempre meno a dare, in termini utilitaristici, proprio materiali intendo.

Frequentando assiduamente, per la stesura del tuo libro, le parole d’amore sei riuscito a individuare una serie di contenuti che tu chiami punti di riferimento che possono dare dell’amore un’idea universale. Ce ne vuoi parlare? Sì, sono ben quarantasette. Sia chiaro, non sono regole e non sono insegnamenti. Il mio non è uno di quei manuali usa e getta, quelle americanate che tanto dilagano nel settore. Io poi non sono un filosofo e non sono uno psichiatra. Faccio il giornalista, scrivo quello che ricerco, o sollecito e poi cerco di capire, per far capire. I quarantasette punti di riferimento sono le conclusioni, gli ammaestramenti, gli spunti di riflessione che sono stati ricavati dalle varie situazioni prese in esame. La scommessa è che possano essere utili a tutti. Se in amore ogni storia fa storia a sé, però, insomma, delle varie storie qualche utile ammaestramento io credo sia possibile ricavare.

Come ti poni di fronte ai cambiamenti epocali del concetto dell’amore?

Credo che l’amore sia in primo luogo far star bene una persona. Amare qualcuno significa farlo star bene. Bene voglio dire proprio a livello psicofisico. Se, per una ragione o per l’altra, non lo facciamo stare bene, lo mettiamo a disagio, lo facciamo soffrire, vuol dire che non lo amiamo davvero. Questo, per la contemporaneità. Per quello che di eterno pur sempre l’amore conserva, mi piace sottolinearlo, credo che la cosa più bella sia quando, amando una persona, iniziamo un percorso di conoscenza, di scoperta, di acquisizione di nuove realtà, che, comunque vada poi quella storia, ci farà crescere, facendoci diventare decisamente migliori.