Il libro della settimana:
Giuseppe Puppo,
Ottanta metri di mistero.
La tragica morte di Edoardo
Agnelli,
pref. di Ferdinando Imposimato, Koinè Nuove Edizioni, Roma
2009, pp. 176, euro 14,00 –
www.edizionikoine.it
Una volta letto e chiuso l’ultimo
libro del giornalista e scrittore Giuseppe Puppo, il pensiero
va subito alla sua capacità di trattare con professionalità e
rispetto un argomento giornalisticamente
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come la morte di Edoardo Agnelli (Ottanta
metri di mistero. La tragica morte di Edoardo Agnelli,
pref. di Ferdinando Imposimato, Koinè Nuove Edizioni, Roma
2009, pp. 176, euro 14,00; ma si veda anche il suo sito
http://www.giuseppepuppo.it/
).
Puppo si muove con eleganza antica nel nobile alveo del grande
giornalismo d’inchiesta, rigoroso, documentato, pacato. Il
libro indaga la morte per suicidio di Edoardo, quarantasei
anni, unico figlio maschio di Giovanni Agnelli, lanciatosi nel
vuoto, dall’alto di un ponte dell’autostrada A6 Torino-Savona,
il 15 novembre 2000: da ottanta metri, come recita il titolo
del libro.
Una tragica vicenda. Ma il tocco felpato, non
meno penetrante, dell’autore lascia il segno: siamo davanti a
un libro-inchiesta che si legge d'un fiato, ma che non priva
il lettore di quell' appagamento intellettuale, sempre più
raro, soprattutto in tempi di giornalismo sciatto e urlato.
Ovviamente l’ipotesi alternativa, che Puppo più che imporre
sottopone al giudizio dei lettori attraverso la forbita
intelligenza dei documenti ( virtù molto torinese, questa,
benché l'autore lo sia solo d'adozione), è quella
dell’omicidio. Dietro il quale si celerebbero astiose
questioni ereditarie interne alla famiglia Agnelli. Nonché
forse più sottili ragioni politiche e religiose. Probabilmente
legate alla scelta islamica, filo-iraniana e sciita di
Edoardo: una "svolta" spirituale addirittura risalente agli
anni Settanta, e in seguito sempre meno apprezzata, se non
temuta, dalle componenti familiari più filo-semite e
internazionalizzate...
Ma su questo aspetto lasciamo ai lettori il gusto di scoprire,
pagina dopo pagina, l’intreccio, così ben ricostrutito e
indagato da Giuseppe Puppo, in particolare attraverso
interviste e testimonianze inedite. Il quale, ripetiamo, non
impone tesi precostituite. Ma accompagna il lettore, quasi per
mano, lungo un onesto cammino di ricerca (come nel bellissimo
ultimo capitolo, vero gioiello di fine
recherche
introspettiva), persino nei luoghi fisici dei tristi eventi. A
ritrovare quella che con formula felicissima, Puppo definisce
la “geografia dell’anima” non solo di Edoardo, degli Agnelli,
ma di una città , già intrigante di suo, come Torino.
In realtà, quel che più colpisce di
Ottanta
metri di Mistero
è il fattore Buddenbrook. Che sociologicamente rinvia a quella
gigantesca e spesso perdente lotta contro le dure leggi della
decadenza sociale. Alle quali anche il capitalismo, come
sistema sociale, soprattutto se familiare, non può sottrarsi,
proprio nelle sue "micro-articolazioni". Come appunto mostra
il modello per eccellenza di capitalismo familiare, quello
della stirpe dei Buddenbrook, immortalato da Thomas Mann. Ma
ci spieghiamo meglio.
Le pagine di Puppo offrono ai lettori lo spaccato sociologico
di quelli che sono i problemi “dinastici” di certo capitalismo
familiare, ancora vivo - per alcuni, purtroppo - nell’ Italia
del 2009 , ma con radici lontane nell’Ottocento europeo. Dove,
ieri come oggi, le generazioni al comando, tentano di darsi il
cambio, anello dopo anello. E in che modo? Guardandosi
febbrilmente intorno, sempre in cerca di come sostituire
degnamente gli anelli deboli del sangue, attraverso politiche
matrimoniali e successioni guidate dalla "cultura" del
comando, magari attraverso il meccanismo dell' “adozione”, non
sempre pubblica come invece avveniva nella Roma imperiale. E
così proseguire, grazie a trasfusioni di sangue fresco, la
difficile lotta contro le costanti della decadenza sociale,
dettate dalla biologia e dalla sociologia degli organismi
sociali. Già Marx, benché in altro senso, aveva parlato del
capitalismo come di un fenomeno vampiresco.
In certa misura, il passaggio epocale,
soprattutto novecentesco, dal capitalismo familiare a quello
manageriale e azionistico, può essere visto come un tentativo
di contrastare le costanti di cui sopra, sostitituendo alle
famiglie (socialmente)
mortali,
la
specie
immortale
della "forma" azione. Puntando su
manager sempre sostituibili con altri manager, all'insegna
della continuità, se non perennità, del comando, detenuto dai
possessori delle
azioni immortali.
Ma questa è un'altra storia.
Edoardo, così colto e fragile al tempo stesso, non poteva che
essere una vittima designata. Come ogni anello debole. Vittima
di se stesso? Di altri? Per scoprirlo, o comunque per
avvicinarsi alla verità, consigliamo di leggere l'avvincente
libro-inchiesta di Giuseppe Puppo.
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